Questa è la seconda parte di una prima parte che puoi leggere QUI. Perciò non fare l’alternativo, leggi prima la prima parte di questa seconda parte e poi torna quì per leggere la seconda parte di quella prima parte. Tutto chiaro?
Mano Moscia non ha tolto la sveglia che utilizza per andare a scuola: suona esattamente un’ora prima di quella che ho impostato io per questa mattina. Sfogo la mia frustrazione su Simolo prendendolo a cuscinate. Con fatica ci alziamo tutti e, insodisfatti del succo di arancia annacquato cha abbiamo comprato per la colazione, i miei compagni di viaggio propongono di fare tappa da Starbucks. Quindi raggiungiamo il più vicino e ci beviamo quell’intruglio di acqua sporca con retrogusto di caffè bruciato che mai riuscirò ad apprezzare. Siamo sulla strada per Nàmestì Mìru, dove prendiamo la metro verde in direzione Nemocnice Motol per 2 fermate.

Narcolettico, che fra le tante sue problematiche annovera anche quella con l’altezza, obbliga Monaco, Voglia di Vivere e Mano Moscia a stringersi intorno a lui mentre siamo sulle scale mobili, in una formazione denominata de egli stesso “testuggine”. In effeti le scale della metropolitana sono molto lunghe e con una pendenza collocabile su una scala di valori che va da 0 a Sasha Grey. Ad un certo punto ti ritrovi in orizzontale e ti senti un po’ come Superman in volo. Scendiamo alla stazione Starometskà e costeggiando il fiume verso sud raggiungiamo in 5 minuti il celebre Ponte Carlo. Cose che impariamo nel tragitto: i marinai quì sono tutti di colore e arrotondano facendo foto ai turisti, mentre le coppie di sposi con gli occhi a mandorla, appena finita la cerimonia, si fiondano a Praga in bus; infatti nella giornata ne abbiamo viste una decina. Il ponte principale della città, contornato da moltissime statue, ospita anche un sacco di artisti di strada bravissimi. Ci addentriamo nel quartiere di Malà Strana, e tra le viuzze contorte scorgiamo la Chiesa di S. Nicola (l’avete letta come Lino Banfi, ammettetelo).

Apriamo le mappe del Signor Google – sempre sia lodato – e in una rientranza su una strada senza sbocco, troviamo il Muro di Lennon, colmo di graffiti tributo al cantante di Liverpool. Facciamo delle foto molto Tumblr e ritorniamo sui nostri passi. Camminiamo in salita per una trentina di minuti, apprezzando il panaroma magnifico di Praga dall’alto e le numerose ambasciate (tra cui quella italiana e la rumena, a cui Il Biondo rivolge un saluto commosso visto le sue evidenti origini malcelate). Ammiriamo il Convento di Loreto da lontano e proseguiamo verso destra, seguendo le indicazioni per Hrad: il Castello. Sulla strada prendiamo un hot dog lunghissimo, venduto da una signora affacciata da una porta finestra. E quì ci viene svelato il Terzo Segreto di Fatima: a Praga non è contemplato l’uso della maionese. Solo ketchup e senape: incredibile eh? Superiamo i per niente invedenti controlli ai cancelli e ci addentriamo nel castello, che è più un borgo in realtà. Scorte, giornalisti e macchine di lusso sfrecciano nel piazzale (il castello è la sede del presidente della repubblica). Ma è mezzogiorno, ora in cui avviene il cambio della guardia davanti ai cancelli, con tanto di fanfara. Ci godiamo lo spettacolo, o perlomeno ciò che riusciamo ad intravedere attraverso le colonne e poi proseguiamo la visita.

Tra una sposa cinese e l’altra, visitiamo il Duomo e poi scendiamo nei Giardini Reali che ci riconducono all’entrata. I miei amici mi stanno odiando, perchè muoiono di fame e perchè non ne possono più della mia ossessione per le chiese. Ottavo apre Tripadvisor e ci porta in un TIPICO ristorante praghese, dove TIPICO sta per: la porta di entrata dà sulle cucine, ad accoglierti c’è un vecchio che non stacca gli occhi dal cellulare e che ti dice nella sua lingua di sederti. Sederti dove? in un tavolone non apparecchiato da condividere con un’ignara turista che fugge via terrorizzata alla vista di 8 italiani. La fame ci acceca e gli animi iniziano a scaldarsi nel tentativo di tradurre il menù in ceco. A quanto pare ogni portata consta di uova, prosciutto e cetriolini sott’aceto, che i praghesi puccierebbero anche nel latte alla mattina. Mentre scappo in bagno scopro che il menù in inglese esiste e lo sta contemplando Voglia di Vivere, il quale a fatica comprende l’italiano. Finalmente ordiniamo. Birra ovviamente. Ma anche uova, prosciutto e salsicce. All’arrivo del cibo Simolo è stracontento della sua scelta: in effetti gli hanno portato un sacco di roba. Ottavo si accorge che gli manca qualcosa. Chiede delucidazioni al cameriere e scopre che parte della sua ordinazione è contenuta nel piatto che Simolo sta così generosamente condividendo con tutti. Voglia di Vivere ordina un toast ad un formaggio simile al gorgonzola, cosparso in cima col peperoncino. Peccato che Voglia di Vivere non mangi piccante. E che nel menù non ci fosse cenno al peperoncino. Inizia quindi il suo monologo su questo. Io mi magio il suo toast ed è molto buono. Paghiamo (poco) e ci dirigiamo a sud del castello per visitare il Giardino Waldstein. Durante la discesa Il Biondo e Voglia di Vivere, in evidente astinenza dalle loro ragazze, iniziano a sproloquiare di cose indicibili, al punto che a Voglia di Vivere inizia a sanguinare il naso dall’eccitazione. Ci rifuigiamo in uno Starbucks nell’attesa che l’epistassi si fermi, e Mano Moscia si scofana una fetta di Sacher. Raggiungiamo la nostra agognata meta che si trova alle spalle del senato. E’ un giardino molto bello, dove stanno preparando un concerto classico. Superiamo il labirinto di siepi curatissime e finiamo davanti ad un laghetto artificiale abitato da carpe giganti.

Ma la nostra attenzione viene attirata dai pavoni che passeggiano amabilmente tra i visitatori, emettendo dei versi acuti e cacofonici (non so esattamente che significhi come parola, ma fa figo usarla). Usciamo dalla porta sul retro e ritorniamo verso il castello. Passiamo in un giardinetto in cui un ragazzo si fa pagare dai turisti per farsi fotografare con i suoi conigli. Adorabili, come sottolineato dai gridolini di una comitiva di studentesse in gita dall’Italia. Attraversiamo lo stormo di scolare e saliamo una scalinata che ci riporta all’entrata posteriore dell’Hrad, mozzando il fiato a tutti. Nonostante siamo ancora nel fiore degli anni, il nostro corpo si rifiuta di collaborare. Sgomito in mezzo ai musi gialli per riuscire a vedere qualcosa oltre al parpetto di una terrazza che da su Praga dall’alto, e poi raggiungo gli altri per passare nuovamente i controlli. Siamo tornati quì perchè dopo le 17 il Vicolo d’Oro, in cui si narra abbiano lavorato gli alchimisti nel tentativo di fabbricare la pietra filosofale, è gratis. E noi siamo poveri. Ma la fiumana di gente è incredibile, quindi attraversiamo velocemente questa viuzza con casette molto pittoresche schiacciate l’una sull’altra. All’uscita potete immaginare l’umore dei ragazzi. Ma non ci perdiamo d’animo, anche perchè subito fuori c’è un giardino che ha una vista impagabile. Foto di rito e poi scendiamo di nuovo le scale per raggiungere la fermata Malostranskà. Prima di riprendere la metro verde in direzione Depo Hostivar per 4 fermate, ci fermiamo per dissetarci con qualcosa di fresco al chiosco adiacente l’entrata. La giornata è fortunatamente splendida e soleggiata. Ripercorriamo la strada fatta al mattino e torniamo a casa. Dopo la doccia mi appisolo sul letto, mentre gli altri preparano la cena: pasta col sugo di tonno. Sarà la fame, ma non mi pare così malaccio. Ora, se sei un mio parente o quello di uno dei protagonisti della storia, o anche solo se sei una persona facilmente impressionabile, forse è il caso che tu smetta di leggere. Vuoi continuare? fatti tuoi, ti avevo avvertito. Indecisi se andare a ballare o meno, ci incamminiamo in Piazza venceslao. Attirano la nostra attenzione i paninari disseminati lungo il viale che brulica nella movida del venerdì sera. Passiamo davanti ad uno dei tanti locali a luci rosse. Un buttadentro, un ometto di colore alto come l’Onorevole Pezzopane, captato il nostro idioma italico inizia ad alettarci con frasi del tipo “anale brutale”, “palle in bocca”, “fi*a bagnata, fi*a fortunata”. Sebbene Simolo fosse attirato dalla proposta dell’omuncolo di poter entrare e guardare senza pagare (e senza toccare), è superfluo dire che la nostra reazione è stata abbastanza ilare sul momento. Passato il minuto di paura, ci ritroviamo in una piazzetta. Un ragazzo barbuto, nostro coetaneo più o meno, ci avvicina offrendoci un coupon per un bar aperto da poco. Intuendo la nostra diffidenza, anche dovuta alla traumatica esperienza appena avuta, ci rassicura dicendoci che è solo un bar, è un bar soltanto. E in effetti così è, anche un bel bar a dire il vero. Di quelli un po’ fighetti. Ci sediamo e ordiniamo un drink. Il tavolo di fronte al nostro è una comitiva di connazionali. Arriva da bere e Simolo ovviamente si impadronisce di un drink che non è il suo. Io butto giù l’antistaminico con un sorso di Gin Lemon e noto che Narcolettico ha un aspetto più cadaverico del solito. “Attacco di panico in corso” sibila. Esce a prendere una boccata d’aria e finiti i drink lo raggiungiamo a mano a mano tutti. Siccome sembra essersi ripreso, torniamo verso la Piazza. Veniamo bloccati da uno spiderman con tanto di tutina super aderente che ci invita ad entrare in un bar. Scelta commerciale discutibile, ma efficace, infatti entriamo. Un posto di classe, troppo per noi, tant’è che sentiamo la corone polverizzarsi come i super eroi in Avengers. Narcolettico ci fa risparmiare, perchè colto di nuovo dal panico, esce dal locale e noi lo seguiamo. Questa volta il mio problematico amico getta la spugna e dice di voler tornare in appartamento. Contemporaneamente Voglia di Vivere ricomincia a perdere sangue dal naso, quindi con Mano Moscia decidono di tornare tutti e 3 all’appartamento. Noi sopravvisuti ci sentiamo abbastanza sfiduciati per l’andamento della serata, ma non ci perdiamo d’animo e iniziamo a vagabondare per trovare un posto in cui bere. Obbiettivo della serata: pub crawl, come insegnatoci dagli amici inglesi la sera prima. Finiamo così in un locale sotto il livello della strada (come la maggior parte, per evitare il disturbo della quiete). Ad accoglierci, una manciata di signori attempati che ci squadrano in maniera promiscua. Il proprietario, in canotta bianca, ci fa sedere in un angolo da soli. I menù non ci sono, quindi ordiniamo birra a muzzo. Preoccupati dalla natura di quel posto, nonostante Ottavo continui a ripetere che a Praga ci sono 2 tipi di locale: i turistici e questi, ci scoliamo il dolce nettare ambrato e fuggiamo in un locale al lato opposto della strada. Davanti l’uscio ci fermano un gruppo di donne inglesi. Una dice che sono tutte lesbiche. Avrò capito male. Ci obbligano a dire qualcosa in Italiano e a cantare per loro. Partiamo con Rose Rosse, ma non apprezzano. Vogliono una canzone italiana tipo Justin Bieber. Come dire una democrazia tipo quella russa. Entriamo insieme a loro e ci accoglie un’ambiente da discoteca. Con la musica nelle orecchie prendiamo dei drink e ci sediamo. Noto qualcosa… mi starò sbagliando. Il Biondo propone di buttarci in pista e ballare. Quindi ci fiondiamo nella mischia e… siamo finiti in un pub gay. Il Biondo riceve delle avances e si rivà a sedere, camminando a filo di muro. Monaco torna dal bagno impietrito, perchè agli orinatoi uno aveva lasciato cadere l’occhio sul suo monachino. Capiamo l’antifona e ce ne andiamo. Ormai sono quasi le 3 e abbiamo fame. Il Sig. Google ci suggerisce un posto lì vicino. Entriamo. E’ vuoto. Chiediamo di sederci. Il cameriere dice che i tavoli sono tutti prenotati. Chi è che prenota alle 3 di notte? Evidentemente italiofobo. Usciamo e finiamo in una specie di trattoria. Il proprietario è identico a quello in canotta bianca del pub geriatrico. Il Biondo scopre che nel bagno c’è la pubblicità dei poppers. Perchè? non lo so, ma quello che so è che quella notte, alle 3, ho mangiato il gulash più buono del mondo. In nostro onore il juke box suona successi italiani degli anni ’80 remixati. Siamo sazi, siamo stanchi e appagati. Decidiamo di tornare a casa nella speranza che gli altri siano ancora svegli per aprirci la porta. Così è: hanno trovato la strada, sono rimasti svegli e, sopratutto, vivi. Noi, col gulash in fase di digestione, si va a dormire.
Finalmente hai scoperto il significato del titolo e quindi pensi sia finita quì? Col cavolo! Ti devi leggere l’ultima parte che arriverà presto. Altrimenti non scopri chi è l’assassino e ci rimani male se poi te lo spoilerano. Nel frattempo, se ti è piaciuto questo InViaggioConPisci e ne vuoi leggere altri metti un like alla pagina fb del sito (CLICCA QUI) e iscriviti alla newsletter cliccando il bottone STALKERAMI! in alto a destra
Un pensiero su “Il gulash delle 3 di notte – Day 2”