Mi mandano a Francoforte per il mio primo viaggio di lavoro: che ficooo! Passo 3 giorni ad abbuffarmi a spese dell’azienda, e nel frattempo faccio conoscenza con i miei colleghi: 2 francesi (di cui uno mezzo tedesco), 4 tedeschi (di cui uno mezzo ucraino), un congolese da una vita in Germania e un iraniano che lavora in Svezia. Sembra una barzeletta, è il frutto della globalizzazione e dell’accoglienza. Un bel melting pot, a cui spiego che la pizza mangiata al bowling della prima sera equivale ad una dichiarazione di guerra all’Italia. Svelo a questi barbari quanto il nostro paese sia tecnologicamente avanzato nell’arte culinaria, illustrando la tecnica della “Montagnella” nella preparazione dell’unico e vero caffè italiano. Mi sento come Colombo che osserva i nativi americani, un Dio venuto dal futuro che mostra ai Neanderthal come accendere il fuoco. Il giorno della partenza arriva, e decido di prendere l’ultimo aereo della giornata così da poter visitare la città. Saluto gli altri nel labirintico aeroporto, principale scalo europeo. Siccome le indicazioni sono poche e confuse, e quelle in inglese sono scritte con un carattere minuscolo, devo chiedere in giro ai simpaticissimi crucchi per poter finalmente trovare il “luggage store” (deposito bagagli). Mi metto alla ricerca della fermata del treno, a cui si accede direttamente da delle scale all’interno dell’aeroporto, e faccio i biglietti alla banchina. In pochi minuti arrivo alla Stazione Centrale, che di per se è molto bella.

Esco e lo skyline di grattacieli mi fa capire perchè questa città, capitale della finanza europea, è chiamata Mainhattan (gioco di parole fra Main, il fiume che l’attraversa, e Manhattan, cuore finanziario di New York). Decido di far tappa ai piedi dei più belli. Perciò giro a sinistra, e dopo una passeggiata di 10 minuti, raggiungo la Westendtower, e preseguendo dritto per altri 10, il MasseTurm, che ha una piramide come cappello. Spostandomi verso destra per 20 minuti finisco di fronte al Teatro dell’Opera, mentre a 5 minuti a sud c’è la Main Tower. Alta 200 metri, decido di pagare i 7,50 € che mi permettono di salire in cima con un ascensore a 18 km/h.

Ed in effetti la vista che si ha è impagabile (foto copertina). Nonostante la bella mattinata d’Ottobre, il cielo è grigio, ma penso sia il colore naturale che assume in questo Paese grigio, abitato da persone grigie. Metto da parte il mio incontrollabile amore per la Germania, scatto qualche foto col mio nuovissimo melafonino (con la paura che mi possa cadere da un momento all’altro) e torno a terra. Attraversato l’incrocio, percorso da macchine super lusso (tipo Tesla), c’è la Commerzbank Tower, mentre per trovare la casa di Goethe devo girare a vuoto 3 volte prima di entrare nel vicolo in cui è collocata. Da quì cammino dritto per 5 minuti e raggiungo la Zeil: un lunghissimo viale pedonale, pieno di negozi e posti in cui mangiare. C’è anche un enorme centro commerciale. Essendo ora di pranzo, mi fermo in un locale simil KFC e acquisto dallo spaccio affianco un sacchetto di pretzel da portare a casa. Mi rimetto in marcia e alla fine di questa via dello shopping alberata prendo la strada che va verso destra. In 10 minuti sono a Paulskirche, primo parlamento tedesco, purtroppo chiusa a causa di un evento privato. 2 minuti più giù c’è la piazza principale, col Municipio e una bella chiesa, una coppia di sposi e un ubriacone che annuncia disgrazia. Tutto molto folkloristico. Dietro si staglia imponente la figura del Duomo gotico. Davanti all’entrata un gruppetto mi chiede in inglese una foto. Riconosco il forte accento pugliese e rispondo in italiano. Certo che siamo dappertutto, peggio dei Cinesi. Saluto i fratelli connazionali, visito lo splendido interno del Duomo, e mi dirigo a sud verso il fiume. Trovo una panchina e mi godo l’incantevole paesaggio dei grattacieli che si riflettono sul Meno, simili a dei modernissimi Narciso. Mi sento felice, fortunato e completamente felice, come poche volte nella vita.

Ebbro di questa sensazione, percorro il lato del fiume chiamato Riva dei Musei, presenti in gran numero. Nessuno degno di nota purtroppo, tranne che per la bellezza dell’edificio che ospita il Städelsches Kunstinstitut. Ri-attraverso il fiume, e andando sempre dritto, in un quarto d’ora sono di nuovo di fronte alla Stazione. Prendo un caffè in uno Starbucks vicino e cerco disperatamente un negozio di souvenirs. Alle 16 ho il treno che mi riporta in aeroporto, ma di posti spenna-turisti neanche l’ombra. Ovunque mi giri trovo solo locali a luci rosse. Sono quasi tentato di provare ad entrare in uno di questi per vedere se hanno una calamita per mia madre, quando, come un miraggio, mi appare una libreria. Torno di gran carriera in Stazione, che è labirintica almeno quanto l’aeroporto. Ho quasi un attacco di panico mentre non trovo il binario e i minuti scorrono. Chiedo aiuto ad un capotreno e finalmento m’infilo sul convoglio. Arrivo in aeroporto, raggiungo il terminal 2 con una metro avveniristica, supero i controlli e aspetto l’imbarco sbocconcellando un pretzel. Il mio low cost Ryanair per Malpensa è in ritardo di un’ora: si parte alle 19:35. Ma non ho intenzione di tornare a Torino: domani è sabato e la mia carta musei della Lombardia è ancora vergine…
Ansioso di sapere se a Milano farò del Bunga-Bunga col Berlusca? Dovrai pazientare ancora un po’, ma ti svelo un segreto: non sarò solo… Nel frattempo, se ti è piaciuto questo InViaggioConPisci e ne vuoi leggere altri metti un like alla pagina fb del sito (CLICCA QUI) e iscriviti alla newsletter cliccando il bottone STALKERAMI! in alto a destra