
Mi sono preso del tempo per scrivere sulla decisione del Senato di mettere la parola “Fine” all’iter legislativo del DdL Zan. E mi sono accorto di quanto male questo abbia fatto, non solo per la decisione in sé, ma per le modalità con cui è arrivata: tra giochetti politici che guardano ai consensi delle future elezioni, e moti di festa più consoni ad uno stadio che ad un aula parlamentare. Ed è assurdo pensare che quelle persone, profumatamente pagate con i nostri soldi (sì, anche con quelli di gay e transessuali), che si abbracciavano festanti come tifosi dopo la vittoria agli Europei, siano le stesse che criticano le “esagerazioni” dei Pride. Ma almeno chi partecipa al Pride sfila nelle piazze e non a Palazzo Madama.
Mi sono anche accorto di quanto tutto ciò abbia creato sdegno, non solo tra le persone LGBT, ma anche tra molti eterosessuali. Già, perché ciò che i mandanti di questo omicidio legislativo ci hanno portato a pensare è che la Legge Zan fosse una legge per i gay fatta dai gay. Ed invece il testo del Ddl puntava a tutelare tutte le minoranze dalle discriminazioni. Era uno scudo in difesa dei gay certo, ma anche di trans e portatori di handicap. Perché quando si parla di tutelare i diritti, ed allargarli ad una parte di popolazione al momento sprovvista, si parla di diritti “Umani”. E quando si parla di umani, non si parla di umani gay, umani trans, o umani con handicap. Perché i diritti non hanno sesso, sessualità, credo religioso, o nazionalità. Perché i diritti umani sono di tutta la popolazione, anche quando nascono per tutelare solo una parte di essa. Perché i diritti di un essere umano, per quanto diverso da me, sono anche i miei diritti; e sono anche i diritti dei nostri figli, e anche dei figli di quei Senatori che hanno deciso di far crollare quella che sarebbe stata una barriera contro gli insulti, i pregiudizi, i pugni e gli sputi. Mi auguro che quei padri e quelle madri, che tanto festeggiavano, non abbiamo figli che loro stessi considererebbero “diversi”.
Abbiamo vinto tanto quest’estate come nazione, ma parafrasando Antonella Clerici “Abbiamo perso la sfida più grande: quella sui diritti civili”. E fa male che tutto questo accada dopo che più di tutti, noi e il nostro Paese, abbiamo sofferto così tanto. Ci siamo detti che sarebbe andato tutto bene. Che ne saremmo usciti migliori. Non sta accadendo. Non è accaduto. Che tristezza.